Scambio due chiacchiere digitali con un amico che vive sui Navigli confessandoci quanto amiamo passeggiare sotto la pioggia, seppur battente, come quella che mi accompagna. Induce alla meditazione talvolta.
La reale ragione che mi porta in questa parte di Milano è "Il Compianto sul Cristo Morto" tavola di Giovanni Bellini, artista che avevo incrociato da adolescente sui libri di Storia dell'Arte (manco a dirlo, la mia materia preferita).
Su quelle pagine del liceo lo chiamavano "Il Giambellino" e forse per questo l'immediata associazione della tavola de "Il compianto" al suddetto artista non è avvenuta nei miei ricordi.
Chi mi segue da tempo sa bene quanto l'arte che più mi assomiglia e che vivo maggiormente (dopo lo Yoga) è la fotografia, l'arte pittorica meno, eppure innanzi all'opera in questione del Bellini, mi sembra di avere di fronte proprio uno scatto perfetto.
Ombre, luci, punto focale, espressioni di volti, gesti delle mani, labbra dischiuse a mostrar l'apnea del dolore... come nella migliore fotografia documentaristica che si possa immaginare.
Ed è proprio sull'inquadratura che si focalizza la mostra. Accanto all'opera di Giovanni Bellini, infatti, si pongono quattro opere di artisti contemporanei, a ciascun artista si è chiesto di porre l'accento su un diverso aspetto de "Il Compianto sul Cristo Morto". Ne parlo fra poco.
L'opera del Bellini esposta al Chiostro di Sant'Eustorgio, Museo Diocesano di Milano, dal 20 febbraio all'11 maggio 2024, in origine rappresentava la cimasa per la pala realizzata dallo stesso artista fra il 1472 e il 1474 a Pesaro, per l'altare maggiore della chiesa di San Francesco, capolavoro della pittura italiana realizzato nella maturità artistica di Bellini e che indubbiamente lo erge a caposcuola della pittura veneziana.
Tornando alla nostra mostra, la pala di Pesaro è riprodotta fedelmente nella sala che precede lo spazio espositivo della tavola. In un gioco di installazioni che ancora una volta pongono l'accento sull'inquadratura perfetta.
Il nostro "Compianto" è riprodotto lì su, dove si trovava originariamente, prima che fosse trasferito ai Musei Vaticani. E' da lì infatti che proviene l'opera oggi esposta a Milano fino all'11 maggio.
Sulla cura del corpo offeso si incentra il lavoro del secondo artista contemporaneo che ho conosciuto per la prima volta qui, Andrea Mastrovito, riportando Cristo morto ai giorni dello scoppio della guerra tra Russia e Ucraina.
Emma Ciceri, terza artista contemporanea, riporta l'attenzione nel complesso ruolo dell'intreccio di mani che tanto colpisce nell'opera del Bellini.
L'ultimo artista che ho conosciuto in questo viaggio artistico è stato Francesco De Grandi, il punto focale della sua opera è nel lenzuolo bianco che copre il corpo del Cristo. Opera, fra quelle dei quattro artisti contemporanei, che più mi ha portato in un vortice di emozioni complesse, permeanti. Dovizia di dettagli nel suo tratto.
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