Complice un'esposizione di circa 140 opere di Jean-Michel Basquiat, in mostra fino al 26 febbraio '17 (affrettatevi!) presso il Museo delle culture di Milano, il MUDEC.
Jean-Michel Basquiat, talentuoso sin da bambino, nella sua breve ma intensa vita - muore consumato dall'eroina a soli 27 anni - divenne uno degli esponenti più rilevanti del graffitismo newyorkese sviluppatosi negli anni '80, ma non solo.
L'esposizione al MUDEC, consta di circa 140 lavori dell'artista, realizzati tra il 1980 e il 1987.
È interessante, passeggiando fra le sue opere alla scoperta del suo messaggio e della sua anima decisamente immortale, comprendere quanto la musica, il jazz in modo particolare, i fumetti e l'anatomia abbiamo influenzato la sua produzione artistica.
È stato divertente con il mio compagno di mostre, sì sempre lui, il mio preferito, immaginare il senso e il messaggio di ogni capolavoro di Basquiat, prima ancora di leggerne ogni spiegazione critica.
Ci sono apparsi evidenti, al di là di ogni interpretazione più o meno fantasiosa che la nostra immaginazione potesse pensare, i temi che in ogni sua opera Basquiat volesse portare alla luce: differenze sociali, disagio, emarginazione, discriminazione razziale, alla base della sua sofferenza e inquietudine profonda.
I passaggi della mostra si diramano in sei sezioni, che attraversano la produzione artistica dell'autore negli anni e nei luoghi della realizzazione.
Per chi volesse approfondire, in calce riporto fedelmente la descrizione delle sei sezioni espositive così come diffusa dal MUDEC.
Concludo con alcune immagini ufficiali, e con l'augurio che possiate goderne presto anche voi, perché l'arte, si sa, fa bene alla mente e al cuore :)
Buona visione a tutti!
Jean-Michel Basquiat Back of the Neck, 1983
Serigrafia a cinque colori con coloritura a mano su carta, cm 127,6 x 258,4
Mugrabi Collection © The
Estate of Jean-Michel Basquiat by SIAE 2016
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LE SEZIONI DELLA MOSTRA
Lo studio in strada, 1980‐81
Jean‐Michel Basquiat divenne famoso anzitutto per gli
enigmatici graffiti firmati SAMO, che cominciarono ad apparire nelle strade di SoHo e del Lower East Side di
New York nel 1977. Non erano semplici graffiti: erano opere di autentica poesia. Molte delle prime opere
d’arte firmate da Basquiat con il proprio nome furono dipinte su finestre e porte che trovava abbandonate
per strada. Avevano per soggetto l’energia e la cacofonia delle strade di New York: sirene di ambulanze,
incidenti d’auto, insegne per all‐beef hot dogs, griglie tracciate per terra sui marciapiedi per giocare a
“mondo”. Parole e lettere, spesso impiegate in senso astratto, si mescolano alle immagini. Lavorando sul
pavimento di appartamenti di amici e nella strada stessa, Basquiat aveva già creato una notevole quantità di
opere prima ancora di avere uno studio o i soldi per comprarsi il materiale.
Modena, 1981
La prima esposizione personale di Basquiat fu organizzata in
Italia nel maggio 1981, a Modena, dal gallerista Emilio Mazzoli. Basquiat presentò la mostra non con il
proprio nome, ma con l’acronimo SAMO, che dopo Modena non avrebbe più usato in quanto lo inquadrava ancora
come rappresentante della nuova scena graffitista. Nei lavori della mostra gli echi della strada
sono molto presenti: Basquiat accentua l’uso della bomboletta spray e alcuni caratteri tipici dei graffiti,
come la visione frontale e la veloce linearità dei contorni delle figure.
Ma già il suo graffito sviluppava un proprio discorso
espressivo che avrebbe prodotto il suo futuro
linguaggio pittorico: un sofisticato trattamento della
superficie e la presenza di una tematica
individualizzata in ambito sia iconografico, come l’iconismo
pastorale di risonanza biblica e l’arcaico
classicismo figurale che troviamo in The Field Next to
the Other Road, sia pittorico, come in Untitled (1981).
Lo studio di Prince Street, 1981‐82
Molti dei lavori più iconici di Basquiat furono dipinti nel
seminterrato della galleria di Annina Nosei in Prince Street, a SoHo. In occasione della preparazione della
personale di Basquiat che si sarebbe svolta presso la sua galleria nel 1982, Nosei invitò l’artista a usare il seminterrato
come suo primo studio vero e proprio. A questo proposito è nata la leggenda dell’artista sfruttato
in un’umida cantina e obbligato a sfornare dipinti da vendere ai collezionisti che venivano portati giù a
vederlo lavorare; ma in realtà si trattava di un bellissimo spazio, con il soffitto alto e finestre a
battenti che facevano entrare la luce naturale. Avrebbe potuto essere un ottimo posto per lavorare, se Basquiat non
fosse stato continuamente infastidito dai collezionisti entusiasti che scendevano nello studio in
continuazione, insistendo per comprare i suoi quadri prima ancora che egli avesse l’opportunità di contemplarli e
di decidere che erano effettivamente compiuti.
A dispetto di quelle distrazioni, nello studio del
seminterrato Basquiat realizzò opere stupefacenti, in cui la sua vivace sensibilità si fonde con la finezza che gli
derivava da una sempre più vasta conoscenza della storia dell’arte e dalla padronanza della tecnica.
Lo studio di Crosby Street, 1982‐83
Annina Nosei aiutò Basquiat a trovare un loft al primo piano
del n. 151 di Crosby Street, a pochi isolati di distanza dalla galleria, dove potesse lavorare senza
distrazioni. Lì riceveva molte meno visite senza preavviso dai collezionisti, ma poiché Basquiat era forse l’unico
della sua cerchia a disporre di uno spazioso e ben fornito studio con abitazione, vi capitavano spesso
amici e perditempo. Basquiat lavorava spesso con il televisore acceso e sintonizzato su programmi di cartoni
animati; il movimento delle figure lo ispirava, diversamente da altri artisti, abituati a ritrarre modelli
dal vivo. Il periodo che Basquiat trascorse nello studio di Crosby Street fu uno dei più proficui. I lavori
realizzati in questa fase denotano una sempre maggiore complessità, unita a un’audace semplicità.
Lo studio di Great Jones Street, 1984‐88
L’importante amicizia e collaborazione di Basquiat con Andy
Warhol spinse quest’ultimo ad affittargli un’antica rimessa per carrozze in Great Jones Street, nel
quartiere di NoHo. Tra i molti talenti di Warhol vi era anche uno speciale fiuto per i buoni affari immobiliari;
l’edificio di Great Jones Street era una delle numerose proprietà alquanto speciali che aveva acquistato.
Lo studio dove Basquiat dipingeva era a pianterreno; al primo piano, dove si trovava anche la camera
da letto, era solito lavorare a disegni di dimensioni più ridotte. I suoi lavori del 1984‐88 spesso
mostrano una composizione di più ampio respiro e un maggiore impegno cromatico. Le sue opere diventano sempre
più profonde e spirituali.
Collaboration Paintings, 1984‐85
Il gallerista di Basquiat, Bruno Bischofberger, propose a
Basquiat, Francesco Clemente e Andy Warhol di realizzare una serie di dipinti in collaborazione. Dopo che
i tre artisti ebbero creato circa quindici quadri in questo modo, Basquiat e Warhol insieme diedero inizio a
quella che sarebbe divenuta una delle più notevoli collaborazioni della storia dell’arte moderna e
contemporanea. I dipinti venivano creati nello studio di Warhol in Union Square. Basquiat incoraggiò Warhol
a ritornare alla pittura a pennello dei suoi primi lavori; Warhol, a sua volta, spinse Basquiat a
servirsi di serigrafie e materiale stampato, ma in realtà Basquiat aveva fatto uso di fotocopie e tecniche di stampa
sin dall’inizio. L’interazione tra i due artisti aveva una certa affinità con il modo in cui i musicisti jazz
dialogano tra loro, improvvisando reciprocamente l’uno sui temi introdotti dall’altro, ma aveva anche qualcosa del
combattimento di due pugili sul ring.